24 febbraio 2009

Appunti distratti da Bamako #2

Yaya dice: “ Ai francesi piace parlare tanto e lavorare poco. E’ così che prendono i soldi su un lavoro che non fanno. Perché fanno dei lavori che non sono lavori. E così il lavoro che facciamo noi produce soldi che vanno a loro.”


Yaya ha lavorato in Francia per diversi anni come fisioterapista nella squadra del Bordeaux. Ora nella squadra del Bordeaux mi dicono che ci sono diversi neri. I neri in Africa si affidano volentieri alle cure di un guaritore anziché di un medico. Da questa parte dell’Africa i guaritori (anche se il termine va un po’ stretto) si chiamano marabou. Yaya è un marabou.
Yaya avrà 40 e passa anni forse anche 50, ho sempre una grande difficoltà a dare un’età approssimativa alla gente di colore. E’ un uomo dalla mascella disegnata, alto con grandi spalle e una faccia che sta tutta la, una faccia che non direbbe mai una bugia e forse per questo non mi son fatto leggere il futuro con le conchiglie. I suoi occhi incavati potrebbero incutere un po’ di timore ma Yaya non ne approfitta e ti sorride. E’ stato uno dei pochi interessati a chiedermi: “Ma come va li in Europa?”
E mentre gli rispondevo mi sorrideva tenero come uno che già sa la risposta, come a dire si lo so che state nella merda.

Il mio nome è Moryba Cissé, il mio nome africano è Moryba Cissé. E rispondo ‘mba se mi chiamano e aggiungo Mandé Mory, così faccio capire che so chi sono. Non sono uno sprovveduto.
Moryba Cissè era un marabou ed è stato anche uno dei primi a islamizzare l’Africa.
La cosa non mi piaceva all’inizio, non sono mussulmano ma nemmeno cattolico.
Poi vedendomi disegnare le persone e le cose mi hanno detto che quella era la mia magia e dovevo per forza essere un marabou se dalla carta bianca facevo venire fuori tutte quelle persone e quelle cose.
Se si escludono le insegne dei negozietti tutte disegnate a mano e qualche rara pubblicità sui cartelloni da strada, di immagini disegnate in giro ne vedi ben poche. Non so quanto centri l’Islam ne mi importa. Io sono Moryba Cissé e faccio comparire sulla carta bianca le persone e le cose, e questo mi basta. Wallai!

Yaya mi manda sempre sguardi complici, siamo marabou, e mi batte puntualmente una sigaretta. Se non me la chiede gliela offro io. Però non mi ha mai chiesto un disegno.
Suo figlio giorni dopo mi ha chiesto un disegno e io gliel’ho fatto. Prima si pisciava sotto di risate con il suo amichetto a prendersi in giro, poi come è scattata la posa, si è messo serio serio quasi funebre ed io l’ho disegnato così.


16 febbraio 2009

Appunti distratti da Bamako #1

E' una settimana e poco più che son tornato dal Mali ma ancora faccio fatica a capacitarmi di quello che ho visto, respirato, assorbito.
Ci vuole più testa e più tempo per tutto. Più tempo per raccontare, più tempo per memorizzare, più tempo per disegnare. E invece, io, ero distratto. Tutto quello che vedevo mi distraeva e non riuscivo, ne riesco ora, a costruire una memoria attendibile di quello che è stato. Se parto con i ricordi riesco ad andare solo a ruota libera saltando da una cosa all'altra rimanendo, nelle pause tra una parola e l'altra, sorpreso che quello che sto raccontando è vero, è successo.


Il mio fratello di blog TPAfrica ha scritto ogni giorno un diario, li troverete nei prossimi tempi un resoconto degno di quello che abbiamo fatto. Le intenzioni erano: si va li, si contattano musicisti, li si registra e filma e disegna e tornando gli facciamo promozione da qui.


Questo è quello che abbiamo fatto ed è quello che troverete sulle pagine di TPAfrica. Qui posso solo mettere qualche cosa scritta veloce a bordo notte, quando la fatica della giornata ti fotte e riesci a mettere in fila solo un paio di frasi. E' tutto quello che ho, e per me è prezioso.

"La gente in strada ti guarda con curiosità. Se camminando elargisci sorrisi larghi e sinceri rompi il sottile muro di timidezza e timore. Perchè non è la diffidenza che si percepisce, ma il timore.
L'idea che qualcuno abbia timore di te è disarmante, mette un po' di paura.




Sorridere è importante. Lo si fa spesso per strada, tanto che dopo un po' ti abitui al buonumore. Saluti gentilmente e sorridi. Non costa nulla e fa bene.


Poi fai tante cose stupide. Si perchè c'è come un patto, come un non detto che tu comunque sei strano prima che straniero. E allora ti sono concesse diverse cose, cose stupide da strano. Tipo giocare con i bimbi per strada, ballare come un incidentato quando intorno a te tutti si muovono con grazia elegante, comprarsi camicie tipiche o salutare smodatamente gente per strada. Sei sempre un toubab* non scordarlo.
Toubabù, toubabù, toubabù, toubabù..."




*toubab, per il Mali e il Senegal, sono i bianchi.

A suivre...